Sulla fondazione della banca

Sulla fondazione della banca

Era l’era in cui il Caos tiranneggiava sovrano.

Chiunque provasse ad opporvisi con la forza, veniva annientato inesorabilmente.

L’unica arma in grado di contrastarlo era il libero arbitrio.

Fu così che sotto la scelta di seguire una via retta e ricca di sani principi, gli esseri creati per chissà quale oscuro scopo, iniziarono ad organizzarsi in gruppi ed insediamenti che mano a mano divenivano sempre più numerosi.

Uno di questi sopra a tutti si fermò vicino al mare e diede inizio ad un progetto enorme, la costruzione di una città.

Il giovane ambizioso e forte che guidava quel manipolo di costruttori, aveva un nome molto burocratico e poco da avventuriero in cerca di fama e gloria, era Poldir…
Ma la narrazione della storia di come venne costruita la Capitale, è persa ancor di più nel tempo.
So solo, che alcune voci affermano che gli stessi Creatori la crearono in un giorno e una notte, mentre altre leggende tramandate di padre in figlio, vogliono che essa venne costruita da mani mortali sotto l’egida dell’attuale governatore.

Ciò nonostante come scritto poc’anzi, i mortali si divisero in fazioni.
Alcuni seguivano la via dei principi mentre altri preferivano la via oscura del caos e dello sterminio.

“Oh cuore nero,

che ti addentri per le nostre vie portando distruzione,

rassegna le armi,

cedi alla preghiera

e fa della tua mente un potere

di costruzione e di buoni propositi!”

Era l’invocazione scritta di una guardia della Capitale, sull’antica pergamena tramandatami da mio padre, che stavo leggendo.
Come toccavo e carezzavo il vecchio papiro, grazie al potere che ormai avevo accumulato da anni, nella mia mente magica si formavano le immagini relative a quell’epoca.
Vedevo un essere oscuro, avvolto da un lungo manto nero, le sue fattezze mi erano ignote ma la sua aurea maligna pulsava nel suo cuore più nero. Egli era un essere superiore, in un tempo in cui le creature erano più simili ai divini che non ai mortali.

Questo personaggio in particolare era un avventuriero che ormai da tempo esercitava la sua mente su qualsiasi cosa gli capitasse a tiro, egli era chiaramente uno psionico.
L’immagine improvvisamente si arrestò per tornare nuovamente indietro nel tempo.
L’ometto che vidi era senza dubbio Poldir un po’ più invecchiato, seduto su un’ampia poltrona dentro alla quale quasi scompariva.

Sul tavolo di fronte a lui vi erano diversi progetti e varie note e sembrava molto interessato a studiare un papiro in particolare.
Lo vidi alzarsi di scatto, chiamare una sua guardia esecutiva e dare l’ordine di iniziare i lavori e da come sembrava concitato si doveva trattare di un grande progetto!

La leggenda che stringevo in mano, trattava della costruzione della banca della Capitale.
Sul retro del foglio difatti vi erano i progetti originali della banca e la mia mente vagava nel cercare di capire quale dei miei predecessori avesse mai potuto accedere ad informazioni di tale prestigio. Vidi un essere basso e dalle orecchie lunghe con la pelle oscura come la tenebra stringere in mano lo stesso papiro che ora io stavo leggendo.

Era notte e si stava aggirando per la Capitale, alla ricerca di qualcosa o qualcuno. Si avvicinò al Cuore Oscuro e gli vendette i progetti della banca per un bel gruzzolo di monete d’oro.

Ora era mattina, la gente aveva ricominciato a popolare le strade e stranamente l’essere dal lungo manto nero, si avviava, sotto agli occhi di tutti, vero l’entrata della banca. Guardò il bancario e con voce d’oltretomba senza degnarsi minimamente della dozzina di guardie presente, gli disse:
“Questa è una rapina, se vuoi restare vivo dammi la chiave di quella…”, ed indicò la pesante porta magica della cassaforte in acciaio.

Il bancario balbettando strillò; ” un’altra rapina, guardie!!!”

Il malvagio ghignando disse: ”Mi occuperò più tardi della tua insolenza”.

Le guardie si avventarono tutte assieme sul povero psionico, ma egli al posto di scappare utilizzava tutti i suoi migliori poteri per ucciderle. Onde di energia psichica, dipartivano dalla sua mente all’indirizzo di quei poveri corpi umani che venivano quindi bruciati.
Il combattimento non fu epico ne glorioso bensì veloce! Il Semidio aveva in men che non si dica ucciso tutte le guardie presenti, ma ora doveva far presto prima che ne arrivassero delle altre. Si girò verso il bancario che si era nascosto sotto alla scrivania, alzandolo e scuotendolo per le gambe fece cadere la chiave. Si avvicinò alla pesante cassaforte,
la aprì e vi si addentò…

Vidi le guardie entrare nella banca e senza pensarci su due volte, chiudere la pesante porta blindata…il carnefice era in trappola.
L’immagine continuò con Poldir che sequestrava la chiave al povero bancario, e con un incantesimo di protezione da parte di sua moglie, nascondere la stessa in un posto conosciuto solo dagli Dei Immortali.

Poi vidi il governatore dare un’altra chiave ad un secondino apparentemente forte e violento, ed ordinargli di correre al più presto alla prigione a far da guardia.
Ora scorgo il secondino, davanti ad una possente gabbia con le sbarre in un minerale antimagia, al di là si trova il ladro ed omicida.
Vedo quest’ultimo uccidere il suo carceriere senza troppe difficoltà, questa volta però facendo uso della forza e non della sua mente, aprire la pesante porta di ferro dopo averla aperta con la chiave del secondino e scappare via. Si dirige lungo le fogne e sul suo cammino trova nuovamente l’elfo oscuro.

I due parlottano un po’ e poi il tenebroso torna il pezzo di carta all’elfo e questo ringraziandolo lo chiama per nome, Darkheart.
Lo psionico si gira senza proferire pensiero, e improvvisamente scompare in un portale dimensionale.
La mia attenzione si spostò nuovamente su Poldir nel mentre invocava il suo Dio protettore e gli chiedeva di tenere a bada lui i denari degli avventurieri della Capitale.

Poi mandò un altro secondino a badare alle prigioni, da monito ai ladri anche se nell’onta del suo fallimento, fece in modo che questo luogo fosse più nascosto agli occhi di tutti, lasciando al carceriere la chiave per far credere cose che ormai non esistono più.
Presi il papiro e lo deposi nella cassa delle ricchezze di famiglia pensando a chissà ancora quante leggende vi avrei trovato conservate.

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