Il canto della pioggia piangente
Lo scroscio era forte e incessante, cadeva in terra e si aggrumava nelle profonde pozzanghere dando sollievo alla terra arida per troppo tempo battuta dal sole, ma il suo rumore non dava fastidio anzi sollevava lo spirito di chi l’udiva facendo dimenticare per un momento con il suo canto le pene dell’anima terrena. Lavava con le sue lingue la pelle di chi si lasciava toccare e scendeva dai volti di coloro che innalzando il viso al cielo piangevano ad occhi aperti.
La natura si dissetava del canto e s’alleviava così il tormento dell’arsura della stagione secca
.
Ognuno stava correndo al riparo, un tifone così sulle terre si vedeva ben di raro, io tuttavia rimasi a bagnarmi volentieri sotto a quel dolce ticchettio che prima di cadere in terra, si riversava sul mio capo.
Qualcuno correva via a mettere al riparo la propria prole, a barricarsi in casa cercando di sigillare tutte le eventuali fessure dalla quale l’acqua poteva passare.
Nessuno ormai stava più per le strade, ero solo li sotto ad abbandonarmi ad essa senza timore dei malanni nonostante la mia non più giovane età.
Camminavo per le strade deserte e buie i lampioni ormai erano fradici d’acqua e stanco di starmene in piedi, decisi di sedermi li in mezzo alla strada ed aspettare che essa finisse il suo furore.Ormai era notte inoltrata e continuava a scendere, ormai le strade erano quasi del tutto sommerse dai fiumiciattoli d’acqua che iniziavano a diventare sempre più grossi.Essi mi sommergevano fino alle caviglie e per una parte del busto, ma non mi importava di ciò visto che ero obnubilato dal fascino con cui un semplice elemento della natura portava scompiglio in quella misera città.
Fu allora che decisi di stendermi e di lasciarmi portare dalla corrente come una foglia secca galleggiante ma nonostante lacqua mi scorresse violentemente vicino, rimanevo fermo.
Guardavo essa cadere dal cielo oscuro e cantarmi all’orecchio parole di dolce sinfonia, con occhi da gatto mi guardava dolce e ammaliante suggerendomi di lasciarmi andare a lei, di dimenticarmi del mondo che fu e di quello che ero stato e di risorgere in suo nome.
Riaprii gli occhi proprio nel momento in cui scorsi un evento di straordinaria fattura, una rana stava nuotando in mezzo al fiume improvvisato per quella via.
Ma non era sola, sulla sua groppa portava uno scorpione come se essa stessa fosse una zattera da trasporto.Arrivati a cinque piedi dalla sponda lo scorpione fulmine punse la rana la quale morì trascinando con se il suo assassino.
La situazione molto mi intristì con un gesto della mano ed uno sussurro delle mie labbra ogni nuvola sparì. Il sole splendeva di nuovo sulla bufera che era stata ed io tornando alla taverna chiusi gli occhi pensando alla natura crudele che le sue vittime mesceva.