Herni Voiles affronta per la prima volta Kryo Vaskes nella Torre dell’Ascia.

Herni Voiles affronta per la prima volta Kryo Vaskes nella Torre dell’Ascia.

Antefatto
Il giovane Henri Voiles milita tra le file degli Unicorni Alati, il clan nel quale, per amore di una donna, è giunto tradendo il clan che lo aveva allevato, le Legioni Maledette o UeF, oggi note come Armate del Regno delle Tenebre Eterne o RdTE. La vicenda ha inasprito i cattivi rapporti già esistenti tra le due fazioni che, in breve, sono dunque giunte alla guerra aperta. La battaglia si combatte ai piedi della Torre dell’Ascia, presidiata dai malvagi militanti delle UeF: nelle battute finali Henri, divincolatosi da diversi nemici, insegue il suo “padrino tradito” all’interno della torre…
 
 
Con balzi da leone Henri salì rapidamente la scala di pietra e si trovò al piano superiore. Le urla del combattimento erano ormai lontane ed il rumore più forte che udiva proveniva proprio dalle maglie della sua armatura mosse dal frenetico ritmo del respiro. Sapeva che oltre quell’arco di pietra avrebbe certamente incontrato il suo nemico, ma allo stesso tempo era cosciente di avere perso le sue capacita magiche di individuare le illusioni e Kryo sicuramente si sarebbe mascherato con un incantesimo di invisibilità: poteva fare affidamento solo sul suo udito per individuarlo, quindi aspettò alcuni secondi prima di varcare l’arco  di pietra, il tempo che il suo respiro affannoso si calmasse, il suo cuore impazzito ritrovasse il giusto tempo.
Entrò.
Il corridoio divergeva verso due stanza, la stanza da letto e la piccola stanzetta circolare che conduceva al terrazzo. La camera da letto e’ un vicolo cieco, di li il suo nemico non avrebbe avuto possibilità di fuga: Kryo era troppo astuto per mettersi in trappola da solo. Henri conosceva bene il suo nemico, lo temeva con coscienza perché un tempo aveva combattuto al suo fianco. No, doveva cercare nella camera rotonda. Si volto lentamente a sinistra alzando lo scudo davanti al torace e, con quel gesto, fece si che un rigagnolo di sangue depositatosi nella cavità del suo guanto sinistro cadesse mollemente sul tappeto di fattura elfica. Guardò la macchia colorare di scuro il ricamo in seta e fili d’oro che le agili mani di un elfo avevano intessuto, mani simili a quelle che ora gli avevano aperto nella carne la via di fuga per il sangue.  Entro nella stanza circolare e subito fece correre il suo sguardo alla botola sopra la scala a pioli: era ancora chiusa. L’arcimago era li, da qualche parte in quella camera semivuota, ma dove? Chiuse la porta dietro di se. Sapeva che Kryo Vaskes lo stava guardando sapendo di non essere visto. Provò a provocarlo e disse: “Smettila di nasconderti, Kryo. Ora siamo io e te.” Troppo ingenuo da parte sua. Henri ci aveva provato, ma sapeva già che Kryo non si sarebbe  tradito. Ne ebbe la confrma quando sentì la voce del nemico tra i suoi pensieri che  disitintamente lo ammoniva:
 
“Mi credevi così ingenuo, amico mio? Hai fatto male a tradirmi. Pagherai lo scotto della tua imprudenza oggi: morirari in questa misera stanzetta, e dopo di te anche quella sgualdrinella umana, sempre che sia ancora viva…”.
 
Henri sentì il sangue ribbollirgli nelle vene. Per un attimo fu accecato dall’ira, ma  rapidamente comprese il senso di quella frase: Kryo voleva indurlo a rompere nuovamente  il silenzio, a fargli perdere la concentrazione di modo da avere l’occasione di lanciare indisturbato il suo incantesimo. Henri fece un passo in avanti, molto lentamente. La pelle dei pantaloni frusciò, ma solo per poco: era solo un passo. Eppure il bisbiglio continuò lieve in un  angolo: Kryo era stato tempestivo e se Henri avesse fatto solo tre passi verso il centro della stanza, avrebbe preso l’incantesimo in pieno senza nemmeno accorgersene. Non fu così. Con disumana rapidità lanciò il suo enorme cilindro di pietra verso il suono udito. Assieme  al sordo rumore di ossa rotte, l’illusione scomparse e vide la bionda chioma di Kryo avvolgere quel viso angelico nella sua morsa di dolore. Gli aveva spezzato il braccio destro  probabilmente, e di sicuro aveva interrotto il suo incantesimo.  Henri si scagliò su Kryo come una fiera sulla sua preda. Il mago, resosi immediatamente conto della situazione estrema, sfoderò prontamente, con la mano sinistra, la sua spada glaciale e la puntò contro il nemico. Henri piombò su Kryo con tutto  il suo peso e con la forza brutale del suo slancio. L’avambraccio del guerriero teso sul torace dell’elfo inchiodò il mago contro  la parete. Tuttavia non riuscì ad evitare la lama tesa contro di lui: una sensazione di  gelo immediatamente intorpidì la spalla ed il collo di Henri. La fitta avvertita al torace, tuttavia, divenne subito meno dolente. Abbasso il capo e vide la lama glaciale della spada di Kryo attraversargli l’armatura appena sotto la spalla destra: un fiotto di sangue usciva dalla ferita e, nel momento stesso in cui cominciava a scorrere lungo la lama, si rapprendeva congelato. Alzò nuovamente il capo e guardò fisso in quegli occhi di ghiaccio.

 

“E’ finita per te, Kryo. Non ci sono più incantesimi che possano salvarti ora.”
“Lo pensi tu, sciocco bestione. Oltretutto mi sembri conciato maluccio per parlare di vita o di morte, non credi??”
E nel momento stesso in cui finiva di parlare, Kryo continuò, come in un sospiro, a pronunciare il suono indefinibile del suo incantesimo. La violenta testata di Henri gli aprì un grosso taglio sulla fronte con lo spigolo superiore dell’elmo. Di rimbalzo il cranio dell’elfo tozzò contro la parete su cui era bloccato: per un attimo chiuse gli occhi, privo di sensi. Li riaprì  rapidamente e senti il suo sangue immortale scorrergli tra l’occhio destro ed il naso fin sulle labbra. Ne sentì l’odore, poi il sapore. Iniziò a dubitare intimamente delle sue possibilità di attacco, ma senza mai dubitare dell’esito dell’incontro.
“Non riuscirai a completare neanche un solo incantesimo, Kryo. Non te lo permetterò!”
Con un movimento violento del braccio Henri scaraventò lontano lo scudo e liberò la mano sinistra. Cinse con le sue enormi dita il collo di Kryo e lo bloccò vicino al muro. Si allontanò leggermente dal mago. Kryo sentiva quella mano schiacciargli la gola: a stento riusciva a respirare ancora. Quel bestione avrebbe potuto rompergli il collo da un momento all’altro. Non c’era tempo da perdere! In quelle condizioni non poteva usare praticamente nessuno dei suoi incantesimi, ma forse, qualcosa poteva ancora fare… Nei pochi barlumi di concentrazione che riuscì a trovare, raccolse l’energia elettrostatica dell’aria nella sua mano sinistra: era certo una forza irrisoria, ma forse gli avrebbe permesso di crearsi un’altra opportunità. Con un rapido movimento afferrò l’elsa della sua spada, ancora conficcata nel torace del mezzgigante, e vi scarico dentro l’energia. La scossa fece sussultare il guerriero, già gravemente ferito, che per un attimo allentò la presa. Kryo sfilò la spada ed Henri, ritrattosi dal dolore, lasciò la presa per un solo attimo. L’arcimago crollò al suolo: era la sua occasione, dato che sapeva quanto presto gli sarebbe arrivato in pancia il poderoso calcio del guerriero. Kryo si rotolò per terra quel tanto da guadagnare  alcuni attimi di calma, sufficienti per sfilare dalla veste una piccola fiala bianca e berne il contenuto. Il calcio di Henri continuò il suo percorso, quando Kryo svanì in un lampo, andando a piantarsi contro la scala a pioli e spaccandola a metà.
Aveva perso. Quel mago era più scaltro e più intelligente. Gli era sfuggito proprio quando ormai lo aveva in pugno. Forse non avrebbe mai più avuto una simile occasione. Terminato il coinvolgimento emotivo del combattimento, in un sol momento il dolore lo riavvolse con tutta la sua intensità: cadde in ginocchio, poi carponi. Il sangue gli sgorgava dal torace e respirava a fatica: avrebbe dovuto cercare un curatore molto presto, pensò. Raccolse la sua arma e lo scudo. Provò a rimettersi in piedi. Ricadde. Era esausto. Aprì la borsa e ne tirò fuori un mazzetto di erbe medicinali: le usò e si sentì un po’ meglio. A fatica si alzò ancora una volta in piedi e si diresse verso la porta chiusa. Prima di toccare la maniglia si fermò: avvertì distintamente nella sua mente le parole dell’avversario appena sfuggitogli.
“Con l’affronto di oggi la tua impudenza ha toccato il limita: soffrirai, Henri Voiles, si, soffrirai. E anche lei, non vivrà. Te lo assicuro: non vivrà!”.
Henri aprì la porta, uscì, la richiuse dietro di se. Si fermò nuovamente di fronte all’arco di pietra, guardo di nuovo il suo sangue imbrattare il meraviglioso  tappeto.
Proseguì.

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