(Guerra MdO vs Ua) Delirium Onnipotenziam
Delirium Onnipotenziam
Ormai tutto mi sembrava vano.
Ero come addormentato in un sogno irrealizzabile, la dominazione del mondo era una cosa che sarebbe andata oltre la mia normale vita terrena. Eppure percepivo come la luna che illumina l’upupa del bosco più nero, che non tutto era perduto, che potevo ancora aspirare ad essere l’eroe negativo che le terre ormai da troppo tempo stavano aspettando. Il mio Dio mi aveva detto in sogno che un giorno tutto sarebbe stato mio, grazie al possente esercito che sarei riuscito a riunire.
Utilizzando sia la forza che la saggezza della diplomazia per contorcere al mio volere le menti più deboli e per soggiogare al mio potere gli esseri che si andavano spacciando per benigni.
Ma ormai tutto mi sembrava vano, ero vecchio, stanco, acciaccato dai troppi sforzi subiti negli anni e annientato giorno per giorno dalla malattia che mi permetteva sempre meno di uscire dalla taverna.
Avevo bisogno di un possedimento tutto mio, nel quale concludere serenemente gli anni che ancora dovevo scontare di pena su questa terra. Lo sconforto ormai reprimeva tutti i miei gusti di vendetta e distruzione contro quegli esseri immondi che abitavano questa misera città. Eppure non potevo finire così, in miseria, la mia mente era ancora lucida in modo da tessere le trame del potere ai miei scopi.
AH! Potere
.e pensare che un tempo nessuno osava ostacolare il mio cammino.
Ero riuscito a farmi ben volere ed odiare allo stesso tempo da tutti gli esseri più o meno forti del mio clan, riuscendo ad ottenere le massime cariche del mio clan con il minimo sforzo.
Bei tempi erano quelli in cui i miei inganni e mezze verità, mi portarono ben presto nelle grazie del mio capo clan. Le sue grazie
.non mi bastavano! Volevo di più, il potere supremo del comando!
Quello volevo e a tutti i costi.
Alla fine io divenni capo clan rovinando senza pietà la promettente carriera di un mezzo gigante più vecchio di me. Bastò instaurare nelle orecchie di Kadesh l’ombra del dubbio della sua inneficenza e
ottusità, e così io ben presto presi il suo posto. Il potere
riuscii ad amministrarlo in modo equilibrato, donando si molto ma trattenendo allo stesso modo, quando qualche giovane baldanzoso osava sfidarmi
trattenevo le sua testa ovviamente. Ormai purtroppo non ero più in grado di difendermi, il mio potere si affievoliva di giorno in giorno, nuove reclute entravano nella mia cerchia eletta ed erano tutti più forti di me. Cosa strana nessuno mi lanciava più alcuna sfida da molto tempo
dicevano che il mio sguardo incuteva timore e che le mie mascelle facessero timore. Tuttavia sentivo che se presto non agivo, il mio potere si sarebbe sgretolato. Accettai quella buffonata di incontro solo per tenere calmi gli animi dei clan avversari ma il mio attacco sarebbe stato rapido e fulmineo.
Dichiarai guerra a quello che sicuramente era il clan che più di tutti faceva proselitismi benigni, andando a raccontare in giro di quanto gli Dei siano buoni con loro e che aiutino tutti coloro che si mettessero sotto la loro protezione. Erano solo buffonate, il propizio degli Dei andava conquistato in una sola maniera e cioè con il sangue nemico.
Aspettai quel araldo in un vicolo buio e nel momento prima di sgozzarlo, gli chiesi se era fermamente convinto di ciò che andava predicando. Non riuscì a rispondere in tempo, la gola era già tagliata. Poi cantilenando una strana litania, lo riportai in vita e lo costrinsi ad obbedirmi e a farmi da maggiordomo, anche se ormai era solo uno zombie. Nel contempo corsi in mezzo al campo di battaglia a nord della capitale, gli unicorni alati erano tutti riuniti li ad aspettarci.
Guardai Henri ed indicando l’araldo zombie gli feci intendere che quella sarebbe stata la fine che avrebbe fatto pure lui. Nel cielo vidi alta la luna ad indicare i miei passi in quello che era stato il campo di battaglia, il sangue sparso era moltissimo, i ciuffi di erba erano di color porpora e la terra era completamente bagnata come se una tempesta si fosse abbattuta da poco
ma quella era solo la linfa vitale che scorreva dalle vene del clan vinto.
La battaglia era stata vinta, ma non avevo avuto dubbi su ciò peccato solo che Henry era riuscito a scappare alla mia lama e ai pensieri di Jarya il nostro fidato psionico.
Ero troppo esausto per festeggiare assieme ai miei sudditi, così mi attardai a restare sul quel campo ad assaporare la vittoria. Ben presto la tenebra scese su di me e mi addormentai.
In sogno mi comparve un demonio e ne fui subito elettrizzato, non capivo di chi si trattasse solo poi sentendo la sua voce che altre volte avevo udito, capii che si trattava del mio Dio Leshrac, che mi parlava. Mi disse con voce roca e profonda: “Governatore del male, a me fedelissimo suddito, canta per me questo inno, le anime dei morti oggi torneranno ai loro corpi per favore degli Dei, ancora troppo potenti per me per contrastarli, ma se tu farai ciò le loro anime saranno più malvagie e quando torneranno in vita, si avvicineranno maggiormente alla tua causa. Il Demonio fece alcuni strani giri intorno a me e ove lui camminava, lasciava terra bruciata e un profondo solco che scherniva la terra.
Quando mi alzai mi accorsi di trovarmi al centro di una stella a 13 punte, una per ogni gruppo del male che cavalcava le terre di clessidra, così mi raccontò il Dio.
Ed ora mi disse: “Il mio tempo con te e’ scaduto devo andare ma recita questa pergamena e offri a me la vittoria di quest’oggi”.
Poi come era arrivato così scomparve d’improvviso. Trovai nelle mie mani la pergamena del mio Dio e come in trance iniziai a recitarla, purtroppo era molto logorata dal tempo per cui riuscii solo a leggere le parole in fondo:
A Te Maestro cantiamo ogni Lode e Immoliamo la Vita.
Servite la Tenebra, poiché è l’unica Verità.
La Luce non è che Menzogna.
Al Tuo fianco Ascenderemo, Spirito Immortale.”
In fondo sembrava esserci scritta anche la provenienza del pezzo ma era cancellato e illeggibile.
La pergamena scomparve d’improvviso sgretolandosi e vidi una nube nera appoggiarsi ed invadere delicatamente la Capitale, sentii che quello era il volere del mio Dio. Qualcosa mi stava dando fastidio, sentivo bruciare la pelle e pian piano aprii i miei occhi chiusi colpiti da quei raggi malefici di sole.
Non era possibile era stato solo un sogno!
Stranamente mi sentivo meglio quasi rigenerato, era come se le forze mi fossero tornate e la mia vitalità di un tempo fosse ripresa a pieno ritmo. Nonostante fosse stato un sogno ne ero fiero, così mi incamminai nuovamente all’interno della città stando attento a non inciampare in quei fastidiosi solchi di terra bruciata che sembravano schernire così profondamente quella terra insanguinata.