.elicaf elicaf otteroval nU
Passeggiavo, per caso, lungo la via del Giglio: vecchia abitudine.
Da un capannello di avventurieri d’ogni razza come abbondano nella Capitale giunsero parole alle quali le mie orecchie allenate reagirono con prontezza:
ricompensa compito facile Poldir
Sbattei le palpebre e mi trovai faccia a faccia col governatore della città che arringava la folla, un fugace inchino di circostanza fu l’occasione per analizzare gli altri pretendenti alla mercede; quasi tutti vecchi amici, o nemici.
Temmax, Balazs, Belwar barbari possenti, sciamani e templari d’ogni razza quali Zimbramil,
Elowin e Stulmik, e ancora nani come il chierico Norky e gnomi di dubbia saggezza rispondenti al nome di Kintos. Ed in mezzo a loro vi era ahimè pure uno strimpellante bardo il cui nome Arisel non pronunzierò che per lagnarmene; completava il drappello il monaco Bridiano, Unicorni tzé, unico altro umano oltre a me.
Shh! Silenzio! Silenzio! Sta per parlare!
Fummo informati che il vescovo Sorigon, maneggiando incautamente una radice scura aveva sviluppato una reazione allergica poco piacevole. Tutto ciò che ci veniva richiesto era di recuperare l’antidoto ma… appena furono pronunziate le parole “pagamento anticipato” già nel gruppo c’era chi borbottava di piantare tutti in asso e di come sfuggire ai cacciatori di taglie promessi dal governatore.
Alla vista della somma la reazione fu ben diversa, per quei pochi spiccioli non ne valeva certamente la pena!
Si diffuse, ad arte suppongo, la diceria che la radice in questione fosse una rara materia prima in grado, nelle mani di sapienti artigiani, di contribuire a forgiare manufatti estremamente potenti.
Improvvisamente silenti tutti quanti accettammo la pur ridicola ricompensa offertaci e ci recammo dal vescovo per ottenere informazioni di prima mano. Egli non recava segni evidenti di contagio almeno finché non iniziò a parlare.
”evlaS” ci disse.
A stento capimmo che altri avevano fallito prima di noi avventurandosi attraverso un portale per la DimensioneOscura; portale aperto dallo stesso Sorigon presso una cappella su di un’isola nota ai più. Alcuni pavidi erano divenuti a questo punto dubbiosi e manifestarono l’intenzione di darsi alla macchia. Riuscimmo a trattenerli perché le loro arti ci erano necessarie ma col senno di poi avremmo forse fatto meglio a lasciarli andare e chissà magari chiamare altri mercenari ad unirsi a noi, ma andiamo con ordine.
Dopo una celere, cof cof, preparazione ed alcune incomprensioni dovute al fatto che alcuni di noi imprudentemente toccarono la radice ammalandosi alla guisa del vescovo, imboccammo il portale verso l’ignoto. Il mondo al di là era buio e crepitante d’energia ma inaspettatamente calmo tanto che rimanemmo per un po’ a cincischiare nell’oscurità, niente che ad un Messaggero dispiaccia per carità se non fosse stato per la fastidiosa presenza di melma fetida, streghe, spiritelli, assassini e
thug decisamente poco amichevoli materializzatisi davanti a noi per il trastullo degli immortali.
Stufi infine di essere balocchi per divini ci dirigemmo con maggiore celerità verso un castello di dimensioni titaniche che si ergeva su di un rialzo del terreno.
Vi sembrerà lettori che io fossi nel gruppo in gita premio giacché non sto a raccontare nel dettaglio le gesta e le pugne, la realtà è che in codesto reame le mie abilità eran temute a tal punto da esser proibite a chicchessia. Con fare annoiato dunque mi trastullavo nei miei pensieri al seguito dei miei compagni prendendo svogliatamente gli appunti che or ora sto riordinando per voi.
Il castello dicevo, un’opera maestosa con dettagli di precisione nanica illuminato da una fredda luce azzurrina.
Orsù uomini, siamo avventurieri avvezzi al pericolo. Entriamo tosto!
Non si era ancora spenta l’eco di quelle parole che..
ZAAAAC!!
Una trappola scattò iniettando in noi un doloroso veleno. Un chiaro messaggio di sfida da parte del signore del castello: l’impresa non sarà affatto semplice.
Il veleno non costituiva un problema per un gruppo di temerari come il nostro ed in breve tempo riorganizzammo le nostre fila.
Entrammo ed ecco che ci apparve una visione contorta di stanze, porte, scale, corridoi, passaggi cangianti tutti intrecciati tra loro a modo di quei pittori che oggidì si
baloccan nell’ingannare le menti semplici con le proprie tele. Notammo fortunatamente una simmetria nel disegno che ci aiutò ad orientarci, purtroppo la notizia non ci rinfrancò abbastanza a lungo dato che venimmo attaccati da potenti esseri che non saprei proprio come definire tanto sembravano illusioni ai nostri occhi. Ma illusorie non erano le ferite che più o meno tutti riportammo e solo a prezzo di ingenti sforzi riuscimmo ad avere la meglio.
Gli ostacoli non erano finiti, questa era solamente la prima cerchia di mura, era il momento di penetrare nel palazzo. Il timore di non terminare con successo la missione si impadronì del gruppo tanto che alcuni di noi supplicarono le loro divinità allo scopo di poter ritornare tosto alla propria tranquilla dimora. Non ci opponemmo, chi esita non è adatto ad una missione che ora ci appariva infine in tutta la sua gravità. Alcune cose ci erano tuttavia ancora oscure, più oscure persino dell’oscurità del mondo in cui ci trovavamo. Chi è il padrone del castello? Avrà lui l’antidoto? Di quali servitori si farà scudo contro di noi? Giunti fino a quel punto non ci restava che scoprirlo.
Aprimmo il portone.
Un immenso vestibolo d’ebano ci si presentò innanzi e proprio in fondo una minuscola porticina nascosta nell’ombra. Entrammo senza timori in un’immensa grotta vagamente familiare armi in pugno quand’ecco che ci si parò dinnanzi il demone dell’ombra. Un grosso masso chiuse il passaggio alle nostre spalle e Nosferatu piombò su di noi. Malgrado la sua potenza accresciuta da questo regno di tenebra non fu poi così difficile per noi annientarlo. Lo conosciamo ormai talmente bene che qualcuno di noi tentò addirittura di depredare i suoi resti rimanendo invece contagiato da un’immonda radice. Con un po’ più di circospezione entrammo in un anfratto che la caduta del demone aveva creato: un’altro vestibolo identico al primo ed un’altra porticina, il signore oscuro si prendeva decisamente gioco di noi. Quand’ecco che per divina volontà apparvero davanti a noi delle sferiche pozioni e subitamente il nostro cuore vene preso dallo sconforto: il terribile Aarinas’das è qui! Lo scontro fu duro, il drago possente come non mai soffiò e risoffiò, le perdite furono cospicue ma uscimmo alfine vincitori. Uscirono in realtà, senza poteri non vi era ragione percui mi esponessi. Fu un bello spettacolo devo dire, anche se avrei gradito volentieri dei crostini con del tonno sotto sale ed un prosecco di Hawk.
Una voce dall’oltretomba riecheggiò nell’etere: ”Siete ancora in tempo a tornare indietro.. ultimo avvertimento.. ognuno seguirà il proprio Fato”
Ed eccolo, l’immenso luogotenente dell’obliato padrone del castello piombò su di noi con tutta la sua furia ma nulla poté contro la sete di vendetta dei nostri barbari desiderosi di vendicare i propri fratelli caduti. Combatterono con tutto l’ardore che solo i mezzogiganti posseggono; nudi persino, tanto erano indifferenti persino alle arcane magie nella loro cieca follia.
Lo scontro finale non poteva più essere rimandato, saremmo riusciti a reggere l’urto con lo sconosciuto signore del luogo? Con quali spaventosi poteri avrebbe cercato di annientarici? Non lo sapevamo, ma a questo servono i barbari. Essi non conoscono il significato della parola domanda, essi conoscono il linguaggio delle mani con le quali fanno e prendono. Più spesso a chi rivolge loro troppe domande generosamente danno.
Immantinenti a noi si manifestò dalle dimensioni eteree il dio del Fato e tanto bastò a risvegliare il coraggio del pur deabilitato gruppo che forte delle benedizioni divine si diresse a testa alta verso l’ignoto e la sempre più certa morte.
Ed eccolo finalmente il Signore dell’Oblio, la cui arma sono le Tenebre stesse in cui è avvolto!
Molte delle nostre armi si rivelarono inefficaci contro di lui e a cadere per primi sotto i suoi
tremendi colpi furono non a caso gli opliti del bene, meno avvezzi all’oscurità. A più riprese ci infrangemmo contro di lui ma sempre ci respinse finché grazie all’intercessione del dio Klenir riuscimmo a sferrare il colpo decisivo al suo corpo mortale. Lesto il bardo si gettò sui resti per accaparrarsi l’agognata ampolla con l’antidoto, che farne ora? Guarire i compagni o riportarla al vescovo? Decidemmo di prender tempo per poter chiedere una ricompensa maggiore e tornammo sui nostri passi molto più velocemente dell’andata nel segreto timore che il portale si fosse richiuso. Fortunatamente non vi
furono intoppi, a parte un incidente da nulla con un mostro di fango in una palude, così ci
fiondammo da Sorigon dove mercanteggiammo un po’ per il prezioso liquido. Consegnata la
pozione il prelato stesso si offrì di curare quanti di noi erano stati contagiati mentre gli altri informavano il governatore Poldir della buona riuscita dell’impresa, non sia mai che ci capiti qualche cacciatore a tradimento..
Le Tenebre sono state sconfitte dunque? Stolti voi che lo credete. Questa vostra falsa sicurezza è la nostra arma più potente e inesorabilmente vi condurrà alla rovina, per Leshrach!
RandarNaqku, Messaggero dell’Oscurità