(Resoconto Quest Inizio) Il Manoscritto di Mallysta

(Resoconto Quest Inizio) Il Manoscritto di Mallysta

“Dolce fata dai riflessi  di luce,

guardiana del lago rispecchi le onde.

Dall’impetuosa vita creata, arrivi a noi

con parole luccicanti di eterno amore

e imperitura vivacità.”

 

Mi sforzavo ma abbagliato da quella splendida visione, dalla mia bocca non uscivano altro che parole di ammirazione per quel essere piuttosto che il giusto stornello che essa richiedeva…

 

Ma tornando con la mente all’inizio dell’avventura, ricordo i due abili condottieri.

Quello militare era Oshumed, barbaro possente che stupide leggende popolari lo vedono essere più il figlio di una divinità reincarnata piuttosto che un possente barbaro dalle molte doti.

 

Barsik invece decisamente più mingherlino, ma altrettanto bravo con la lingua e a manipolare con le parole i discorsi altrui, in modo alla fine di avere sempre ragione.

Il gruppo poi era composto da un’altra decina di avventurieri tra cui io, bardo pronto a far della mia lancia una terribile portatrice di morte.

 

Mallysta era li in piedi che fieramente ci aspettava donandoci della sua attenzione e affidandoci la missione di recuperare un antico e runico manoscritto dai potere straordinari.

Ci  disse che non sapeva bene dove questo magico libro fosse celato, ma che il potente mago che lo creò, lo nascose in una profonda grotta subacquea.

 

Tra me e me pensai che si poteva trattare di un solo luogo, ma preferii tacere ed aspettare maggiori notizie. Arrivammo così da Seelow, marinaio dalle 100 bevute, come Mallysta ci aveva suggerito di interrogare. Si dice che, Seelow, fu visto una volta riuscire a scolarsi un’intera botte di ottimo liquore dei goblin, ed andarsene sulle sue gambe dalla taverna dopo aver pagato il conto con i guadagni del suo sporco lavoro. Comunque sia il marinaio sembrava sobrio e così pensammo di porgli qualche domanda. Ma il marinaio probabilmente indispettito dal non aver ricevuto alcuna mancia, ci disse solo di non conoscere alcuna storia legata alla grotta subacquea e che probabilmente solo chi navigava in acque dolce avrebbe potuto saperci dire qualcosa.

 

Così senza più indugiare, arrivammo al villaggio dei falchi di fuoco e li chiedemmo aiuto al locandiere dal nome enigmatico o forse obsoleto, Oshushi.

 

Il taverniere, ci raccontò che tempo addietro, alcuni pescatori del grande lago salato, arrivati al villaggio un po’ sbronzi e un po’ alla ricerca di piaceri a pagamento, e nuove bottiglie di alcool, gli avevano raccontato una strana storia su una grotta subacquea ma che non gli avevano spiegato nel dettaglio di cosa si trattasse. Ad ogni modo, il locandiere ci disse che avremmo trovato questi pescatori lungo la riva nord del lago. Così dopo mezza giornata di cammino giungemmo in riva al lago e trovammo un gruppetto composto da tre pescatori. Il primo sembrava magro e deperito dalla faccia giallognola, tra me e me pensai che forse aveva provato ad evacuare contro vento, il  secondo invece era grasso e robusto sembrava un nano ma in realtà anche esso era umano.

 

Il terzo invece era molto alto e dal cranio a forma di teschio e peloso, poteva essere scambiato per un mio adepto se non fosse stato per il puzzo di pesce che emanava e che ne faceva capire le vere origini. I tre non vollero raccontarci ciò che Oshushi ci aveva narrato, così Barsik con la solita maestria di linguaggio convinse il mingherlino, a seguirci in maniera da contrattare l’informazione.

Alla fine ci accordammo per 100.000 monete d’oro, somma senza dubbio esosa ma non impossibile da racimolare. Oshumed sentendosi generoso decise di pagarla tutta lui, ma si sa, l’intelligenza dei barbari non è sopraffina per cui sbagliando i conti donò al pescatore 1 milione che quello intascò velocemente senza dir nulla dello sbaglio del mezzo gigante.

 

Contento di non dover più fare il pescatore a vita e immaginando già la sua vita futura in qualche isola del profondo sud circondato da belle ragazze di tutte le razze, ci raccontò appunto della grotta e della fata che custodiva il lago. Ci disse di stare attenti, avremmo trovato la fata sulla sponda sud e se volevamo entrare nella grotta, dovevamo prima chiedere il suo consenso pena la morte.

La fata guardiana del lago era una donna stupenda che nel mio cuore solo suscitava poesia e dolci sentimenti. La fata era dedita alla poesia e ai ritornelli per cui per dimostrarle la nostra riconoscenza per la concessione di lasciarci visitare la grotta, dovevano risponderle a modo e con le regole da lei dettate. La mia mente obnubilata da cotanta bellezza, non trovava poesie ma solo complimenti rivolti alla bellezza della guardiana. Werik più scaltro di tutti in quel occasione compose una filastrocca degna d’un saggio che recitava così:

 

“Di certo milioni sono i bardi e i cantori ma sicuramente gli gnomi sono ancora i migliori

Udimmo di lontane storie, lontane leggende

e dunque siam qui con la nostra magia che risplende!

Se dunque riconosci che venuti in pace siamo

raccontaci e si tu loquace”.

 

Continua: http://www.anvi.it/clessidra/pages/basic/show_storie.asp?cod=442

 

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