Il viaggiatore planare

Il viaggiatore planare

Riescan le mie parole a rallegrarvi il passo.
 
Contro lo nemico speran che le mi consigli v’aiuti a sostener l’arme.
 
Per lo mago astuto le mia canzon sia fonte per migliorar la sua magic’arte.
 
Possia le mie parol darvi la canoscenza.
 
 
Ebbi lo strano fato d’incontrar lo viandate sconosciuto, in una delle mie avventure. Esso si presentò allo mio tavolo come sapendo dello mio mestere, seppur io non fossi mai stato, ancor, un grande.
 
 
Storie di leggende ho per le tue‘recchie o bardo. Così che tu potria cantarle ad avventurier vecch’e novi.
 
Così che tu le dica a stolt’e saggi. Così che tu potria narrar dei mei alieni viaggi.
 
Io son colui che varcò li piani di mondi e di dimensioni senz’uguali. Io vengo da lochi così lontani che l’occhio n’avria la forza de vederne i lati.
 
l’infinito cosmo che io percorro, solo perché nei tempi cercai di capirne il senno.
 
Anni consumai della mia giovan vita dietro alli capricci dello mio maestro, ma giunsi infine a carpirne i segreti. Ello l’era un gran mago, capace di aprir portali sopra a sconfinati mari. Avea la forza di spostar le cose e lo pensiero e con le sol movenze d’abbater nò guerriero.
 
Esso, sì, m’imparò l’arte ma non mi accompagno oltre. Io, sol’io ebbi l’ardire di gire dove li libelli non volia s’andasse. Come dei tanti jovani che solcan le strade io presi a cercare di solcare li celi nostri. Infiniti preparativi feci per la partenza, per non stramazzar tra trappole, nemici e mali. Vidi infine la prima meta, lo piano astrale s’apria in front’a me.
 
Esso è sì cosa nova ed incomprensibile per chi non l’avria mai veduto. Come n’o passo messo nello voto eppur, appena s’arria, lo peso scompare e cambiar se potia con lo sol volere. Nelli mei passaggi mai vidi in quel loco terra ferma, solo un immenso e contino turbinio de nuvoli e celi.
 
Un passo avanti nell’arte feci vedendo che, lo piano, era si transitato, anche se per lo spalpettio dell’occhio, dalli avventurieri che con le porte magiche viaggiava pei terren’ordinari.
 
Ed il mio vagar fu solo allo inizio. Mi riproposi di tornar celeramente, ma in qualcos’altro m’imbattei. Tornai sì nell’amata casa però nessun mi vedia, e presto notai che la materia non facea più resistenza allo mio passaggio e attraverso li muri poteo passare. Ecco appresi che n’altro ente nello mondo esiste. questo lo piano delli fantasmi e delli spiriti, lo piano etereo che s’intreccia con quello nostro. Cercai ancor di tornar normale ma la sventura, che or non chiamo tale perché destin peggiori ho appreso esistan, volle che n’altro piano s’aprisse alla canoscenza mea.
 
Le umbre oscure dominano esso e le cose dello nostro piano sì appare, ma tremende, brutte e orribili son diventade. Solcata quella soglia mi resi tosto conto, che l’umbra solo lo nostro piano avea. E quella che noia avia è solo l’umbra dell’umbra.
 
Ebbi l’incantamento giusto per tornar e da allora altri mille e oltre viaggi feci e creature e cose d’ogni tipo vidi. Tu, o bardo, racconta quello che io ti dissi, perché la farneticanza ancor non mi prisi e presto molti altri le tracce e gli scritti mei seguiranno.
 
Laude a te Raxy, nelli piani vidi anche le tue sorti.
 

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