Come Gleviel divenne un Unicorno Alato – III parte

Come Gleviel divenne un Unicorno Alato – III parte


Così lo attaccai… La battaglia durò poco, perché oltre che vile, Zoldan era anche un ignorane che non sapeva usare nemmeno uno stiletto… Uno di quegli stupidi che per poche monete si vendono al miglior offerente, e proprio per questo, dopo il colpo di grazia, illuminai con la mia luce la sua aura, sicchè nel mondo dei morti potesse trovar il lume della ragione, che non aveva da vivo. Frugai nelle sue tasche convinta che avrei trovato qualche indizio, e così fu: nella tasca, vicino all’elsa della scimitarra, trovai un pezzo di carta: era una lettera molto rovinata, strappata alla fine, ma vi si potevan leggere ancora le parole:



Egli mi ha indicato la vittima adatta,


ma la mia natura m’impedisce di agire direttamente


su un buono di spirito e a questa distanza…


tu puoi e ne sei capace Zoldan…


quando avrai compiuto cio’ che devi


portalo a me ed io grazie al Potere Oscuro


lo mandero’ da Lui…e allora


forse, le mie ossa maledette torneranno a


coprirsi di carne ed usciro’ da questa tomba…


ma se ti rifiuterai sappi che presto


potresti farmi compagnia…


su chi e’ malvagio la maledizione che grava


su di me non m’impedisce di agire


in maniera terribile….


 


Informai i miei cari compagni di ciò che v’era scritto: chi aveva scritto quella lettera era di sicuro un’entità malvagia, che dimorava lontano dalla Capitale, che adesso non era altro che un non-morto (in quanto accennava alle sue ossa maledette) e si voleva servire del fratello di Isaviel per farne sacrificio a qualcuno che avrebbe potuto ridargli la vita. La faccenda era abbastanza seria, ci rendemmo conto che avremmo dovuto fare in fretta, la vita del ragazzo era in pericolo e non sapevamo quando sarebbe arrivato il terribile momento, quindi era necessario far presto. Riflettemmo sull’entità di costui che scriveva, l’idea su chi fosse l’avevo, ma non ne ero sicura; le mie paure del passato tornavano a riempire la mia mente di ricordi, quando ero bambina e avevo il terrore dei non-morti, e quando i saggi del villaggio cominciavano a raccontar vicende loro riguardanti, scappavo al tempio sacro di Ehlonna dove potevo stare in pace con i miei piccoli amici della foresta, e studiare i libri delle arti magiche della Natura.


I ricordi svanirono piano piano, svuotando la mia mente che ritornava alla realtà e si riempiva di tanti pensieri su Isaviel, suo fratello, sul mio desiderio di guadagnar la stima e la fiducia degli Unicorni, e sul non voler deludere nessuno di loro, che in quel momento contavano tutti su di me… Nelthalas e Drimacus videro la mia perplessità e gli sforzi che facevo a cercar di ricordare qualcosa che per caso avevo sentito di quelle vecchie storie, ma nulla ritornava nella mia memoria se non il ricordo di tombe maledette… I miei amici mi ricordarono della tomba di  Athelsan, delle quattro tombe dei prodi guerrieri che erano state maledette e delle loro voci lamentose e tormentate che echeggiavano in questo luogo, dello strano drago privato del soffio e delle ali…. La cripta! Era lì che gli indizi portavano! Ma io non sapevo arrivarci con precisione, sapevo in che zona si trovasse però… Il buio calava ancora più fitto sulle lande, e compier un viaggio a piedi, alla luce delle nostre torce, sarebbe stato solo rischioso: avremmo potuto imbatterci in qualche mostro in giro per qualche passeggiata notturna, o addirittura perderci.


Sapevamo che gli Dei avrebbero assistito quel ragazzo e decidemmo di tornare in Capitale, ci recammo nella taverna dell’Unicorno e del Leone, dove la gentile Gwendalin ci offrì ospitalità come sempre: accompagnò Drimacus, Nelthalas, Aleki, Mirid e me nelle nostre stanze… L’indomani avremmo salvato il ragazzo e riportato la felicità nel cuore di Isaviel;


adesso Morfeo ci stava accogliendo nel suo universo di sogni e avrebbe ristorato le nostre membra con un sonno tranquillo e profondo, privo di incubi.

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