L’incontro dei 3 capi (inizio)
L’incontro dei Tre capi Ante e fatto.
Ante Fatto:
Il mezzo gigante uscì con fare furtivo dalla sua stanza, non sembrava guardare niente e nessuno ma solo si dirigeva a passi spediti verso il basso.
Il sole era alto ormai era quasi mezzogiorno e la piazza della Capitale era al solito piena di gente che si indaffarava a correre qui e la per la città, ogni tanto qualche furfantello scappava con un pomodoro inseguito da quel truffatore di un ambulante.
Una volta avevo assaggiato i suoi frutti ma non riuscì a fare a meno che vomitarli a terra.
Ma ritorniamo al guerriero, sentivo che la sua mente era ripiena di pensieri, stava pensando a moltissime cose ma io non capivo cosa fossero anche se le distinguevo nitidamente.
Ogni tanto nei momenti in cui non avevo nulla da fare mi divertivo a sondare le menti altrui per capire i loro più piccoli segreti, ma questa volta non ci riuscivo appieno, sentivo parole confuse, capi clan, incontro, zone di Clessidra, tagliagole.
Ma non riuscivo a capire il concetto comune che legava tra loro.
Il mezzo gigante sembrava chiamarsi Henry, almeno così lo salutò il nome di quella guardia alla guarnigione dove si era fermato un pò a confabulare.
Entrare nella mente della guardia fu un gioco da ragazzi, sembrava che quel tale gli avesse detto che si sarebbe diretto alla taverna dei tagliagole e che se non fosse tornato indietro entro mezz’ora, le guardie sarebbero dovute andare a vedere che accadeva.
La guardia sembrava essere timorosa verso quel guerriero difatti l’aveva riconosciuto essere il capo clan degli Unicorni Alati, clan devoto al bene e alla preservazione di esso.
Ora non occorreva più che lo seguissi sapevo già dove era diretto, così in tutta fretta senza farmi notare passai la guarnigione e mi diressi alla taverna.
Prima di entrare però utilizzai le mie doti da mentalista per nascondermi agli occhi di tutti.
Pensavo cosa mai avrebbe potuto portare un essere legale come Henry da queste parti, non era da lui. In quel momento entrò e mentre piccoli ladruncoli iniziarono a scappare percependo l’aura benigna, altri iniziarono a guardarlo in cagnesco.
Henry salutò tutti e disse: ” Buon giorno e’ possibile avere qualcosa da mangiare?”
L’oste gli fece cenno di sedersi ad un tavolo in mezzo alla sala e mentre stava per sedersi un tagliagole gli si fiondò alle spalle con un pugnale argentato in mano.
Henry non si girò nemmeno, estrasse la spada e con uno scatto leggero a lato, mise la punta della spada dietro a se in modo che la lama stessa fosse in qualche modo inguainata tra il suo corpo e il suo avambraccio.
Il tagliagole rimase sbalordito quando si accorse che tutta la sua carica era solo servita a fargli passare la spada da parte a parte del suo stesso corpo, cadde a terra privo di vita.
In quel momento tutti gli altri si alzarono infuriati e si avventarono contro Henry.
Lo scontro fu epico, difatti nonostante il guerriero fosse equipaggiato di tutto punto, riusciva a muoversi con una tale agilità propria solo di un maestro esperto nell’arte guerriera.
I corpi a terra ormai erano molti, alcuni erano solo feriti ma il guerriero non li badò più che tanto e rivolgendosi alle cameriere fece segno di curare quei malandati.
Poi si sedette nuovamente e l’arrosto di cinghiale con delle strane radici soffritte, sembrava essere molto invitante.
Chiamò l’oste e gli disse: “Io una questione ho da proporti, facendosi estremamente serio e non sembrando nemmeno una persona di poca cultura. Io sono Henry capo degli Unicorni Alati, l’oste sembrò stupito, e se sono qui e’ perché i miei diplomatici me lo hanno gentilmente suggerito.
Qui tra tre mezze lune, si svolgerà un incontro con degli altri miei diciamo amici, beh e sono venuto ad assicurarmi che per quel tempo non accada nulla ne a me ne ai miei amici.
Io non avrei fatto questo incontro in questo posto, e si girò a guardare un corpo trafitto, però essendo uno dei miei ehm amici un po’ particolare, non ho potuto oppormi ai suoi voleri.
Per cui oste rassicurati che non accada nulla per quel tempo e come ricompensa avrai questo, e il mezzo gigante tirò fuori da sotto l’armatura un sacchetto pieno di monete d’oro.
Inoltre te ne darò altre nel qual caso non saremo disturbati da alcun furfantello che abbia intenzione di scherzare col fuoco.
L’oste annuì nascondendo subito sotto la veste lacera quel ricco sacchetto e assicurò Henry che non sarebbe accaduto nulla.
Poi il guerriero prese carta e penna ed iniziò a scrivere qualcosa su un foglio consunto.
Sembrava un invito rivolto ad altri due personaggi a me sconosciuti per nome e quello che mi apparve strano fu che nonostante la lentezza nello scrivere il guerriero sembrava avere una certa cultura.
In quel momento entrò concitato un drappello di guardie cittadine, ma subito se ne andò vedendo Henry seduto al tavolo al centro della taverna e i corpi inermi di molti furfanti a terra.
Dal canto suo Henry non alzò nemmeno lo sguardò sembrava molto concentrato in ciò che faceva, poi dopo aver pagato il conto e aver dato un ultimo cenno di intesa al cameriere, se ne andò.
Io per tutto il tempo me ne ero rimasto nascosto ed immobile, non avrei voluto che nel furor della battaglia qualche assassino avrebbe avuto la malaugurata idea di farmi la pelle.
Nonostante le miei doti da camaleonte, mi sentivo ancora indifeso e troppo vulnerabile.
Sapevo già dove voleva andare quel guerriero non occorreva nemmeno che mi muovessi di la, chiusi gli occhi e mi concentrai su di lui.
Lo vidi attraversare la Capitale, prima si diresse in piazza dove incontrò due tali di nome Barrion e Jaariz. Confabulò un po’ con loro e tutti e tre sembravano soddisfatti e tranquilli, poi si diresse dallo scriba dove mandò ben due lettere.
Infine tornò in taverna e purtroppo persi il contatto, non riuscivo ancora per lungo tempo a mantenere la visuale altrui.
Vidi l’oste prendere fuori il sacchetto di monete di Henry, dividerle in due mucchietti e dopo aver messo il più piccolo nella cassa, rimise l’altro nel sacchetto.
Lo seguii, chiusa la taverna e si diresse nelle fogne della città.
Sembrava muoversi in modo losco e circospetto finchè arrivò nella zona dove avevano casa il capo gilda degli assassini e le sue guardie.
Io rimasi fuori per maggior sicurezza, lo vidi confabulare un po’ con Radatha e poi dargli il sacchetto di soldi. Poi uscì quasi di corsa quando l’assassino lo congedò con un cenno malevolo.
Avevo visto abbastanza la mia curiosità era soddisfatta potevo andarmene in giro per la Capitale a raccontare qualche storia in più ai passanti.
Oramai il momento era quasi arrivato da quando tempo prima tramite scriba della Capitale, mi era pervenuta una lettera con su scritto poche ma importanti parole.
La lettera, nonostante fosse stata ricopiata dal colto scriba, lasciava trasparire una persona di poca
cultura dietro a se visto che molte delle parole utilizzate erano in uso nel gergo dei guerrieri.
Linvito riguardava un incontro tra poche ed importanti persone che si sarebbero dovute riunire per
discutere di affari urgenti e seri.
Rimasi di sasso non appena giunto con la lettura alla fine della foglio di carta, notai la firma con cui
quel essere osava chiamarsi. Pensai che sicuramente si doveva trattare di uno scherzo da parte di qualche burlone, o peggio ancora di unimboscata per eliminarmi una volta per tutte dalla faccia della terra. Difatti in calce alla lettera anteposta da un grosso N.B. vi era la frase: le armi non saranno gradite,
qualora fossero presenti lincontro sarà annullato. Ma come potevo fidarmi di un essere così benigno? Ed anzi avrebbe sicuramente colto loccasione al volo per levarmi di mezzo
Ancora immerso in questi miei pensieri, udii il rintocco di una campana lontana lontana, sicuramente
era la campana del villaggio degli Hawk anche se dubitavo che il sacerdote del culto di Ghmor lavesse
aggiustata. Forse con qualche sua losca preghiera era riuscito a intercedere presso il suo misero Dio per aggiustare quel paesotto di viandanti? Il rintocco però mi ricordò che stavo facendo tardi perdendomi in questi miei pensieri, così decisi di fidarmi del mio istinto guerriero, sicuro che se anche
fossi stato colto in unimboscata, in un modo o nellaltro sarei riuscito a cavarmela. Il messaggio diceva che non erano gradite le armi, così decisi di lasciare in taverna la mia spada e il mio cilindro magici, però per maggiore sicurezza, misi un pugnale tutto doro, trovato nelle profondità di cunicoli impenetrabili, nel mio stivale destro. Nello stivale sinistro invece misi un pugnale dalla lama nera, più nera della cenere e della notte stessa mischiate assieme, generoso regalo di un furfantello in cambio della sua vita. Poi dopo aver sistemato i pugnali, mi alzai dal letto cercando di non stropicciare la mia veste interamente di color nero e di non rovinare la mia maschera fatta in un blocco unico di giada.
Difatti ormai erano passati anni da quando iniziai a mascherare e a nascondere sotto delle vesti i miei lineamenti, visto che nessuno doveva sapere in realtà come ero fatto per maggiore sicurezza. Bene, dopo aver indossato la mia armatura in parte dorata e in parte in acciaio, ero pronto per uscire dalla locanda ma
maledizione la luna era piena e illuminava con quei odiosi raggi chiari tutta la piazza della Capitale. Non potevo permettermi di essere visto, quellincontro doveva rimanere segreto e soprattutto nessuno dei miei affiliati di clan doveva sapere che io vi avevo preso parte, altrimenti avrei rischiato il mio posto di governatore supremo e la mia testa. Non bastava quindi il mio anello lavorato e tutto in
vetro per mascherarmi alla vista altrui, la mia ombra sarebbe stata ugualmente riflessa.