Kileroth aspirante Eroe (inizio)

Kileroth aspirante Eroe (inizio)

Camminavo lungo la via del giglio ma nessuno poteva ne vedermi ne sentirmi arrivare, ormai il tempo di sistemare quella vicenda, che mi assillava da anni durante le notti insonni, era arrivato.
Indossai il mio equipaggiamento rendendo visibile agli occhi di tutti l’oscurità perenne che avvolgeva il mio corpo e iniziai a chiedere se qualche avventuriero mi avrebbe accompagnato nella mia ultima impresa prima di aspirare al titolo di eroe.

Al mio appello si unirono il violento Maktub, l’impavido Galfo, l’oscura ma pentita Veleda, il giovane superbo Nalkar, il cultore della natura Ysel e il devoto al bene Rauwinde.

Dissi loro la verità e cioè che fintanto che non avessi trovato e ucciso l’assassino di mia madre, il mio maestro non mi avrebbe concesso il privilegio di ambire alla stretta cerchia di aspiranti eroi.
In effetti ripensandoci, quel assassinio mi aveva spinto fin da giovane a colmare la mia vendetta contro tutti i mostri e esseri devoti al bene che incontravo sulla mia strada.
Il maestro mi disse che fino a che non avessi ritrovato la pace interiore non potevo pretendere di aumentare la mia conoscenza al di sopra dei soliti livelli mortali.
Così mandai per un lungo anno in giro per le lande i miei sgherri ed assassini alla ricerca di colui che mi aveva causato tanta sofferenza.
Le mie informazioni però arrivarono e si fermarono fino ad un negoziante di pozioni in Capitale, oltre a lui non arrivarono.
Il suo nome era Blackleaf e a quanto pareva, sembrava che tutti i negozianti ma ancor più i guerrieri della zona lo temessero per la sua potenza.

Diverse volte feci dei sopralluoghi nel suo negozio senza che mi vedesse e sembrava essere davvero potente, ma il suo viso sembrava troppo buono per aver commesso un simile crimine anche se ormai erano passati moltissimi anni.
Tornai dal mio maestro riferendogli ciò che avevo scoperto e lui mi rincuorò dicendomi che entro breve avrebbe scoperto qualcosa in più sfruttando le sue conoscenze e i suoi poteri.
Mi avvertì di ripresentarmi accompagnato visto che lo scontro finale sarebbe stato sicuramente difficoltoso e mortale.

Ora mi ritrovavo circondato da quegli avventurieri che non pensando alla mia naturale avversione per il
bene, mi accompagnarono con le armi sguainate.

Percorsi rapidamente assieme a loro la via del giglio per montare sulla carrozza che ci portò alla Città Nuova. Il ritrovo dei bardi era vicino alla piazza del sole, guardata a vista dagli agenti che da piccolo solevo uccidere sgozzandoli.
Chiesi al mio maestro di accettarmi nella sua dimora e lui mi invitò gentilmente ad entrare.
Gli dissi che mi ero fatto accompagnare da alcuni AMICI, e lui molto garbatamente li fece entrare e sedersi vicino a me.
Chiesi se aveva delle buone notizie da darmi e mi rispose che effettivamente aveva scoperto chi era stato ad uccidere il mio familiare.
L’ira mi colse il cuore dal profondo, tuttavia riuscii a mantenere un tono abbastanza diplomatico anche se furioso.
Lo guardai con uno sguardo vivo di odio e vendetta e lui molto serafico mi disse di stare calmo, ci raccontò che se volevo diventare un aspirante dovevo innanzitutto sconfiggere quell’uomo malvagio per placare la mia sete di vendetta nei confronti di tutti gli esseri viventi sulle lande.

Poi una volta fatto ciò mi disse che il mio titolo di Eroe lo potevo chiedere solo ed esclusivamente ad esseri ben voluti dagli Dei che a seconda dei Loro desideri compariranno sulle lande quando sarà giunto il Momento.
Detto ciò quasi sussurrandomelo mi disse che il mio nemico si chiamava Scuotivento il Malvagio.
Io ebbi un attimo di stupore nel sapere ciò, visto che pensavo che fosse Blackleaf il mio uomo.
Il maestro intuendo questa mia disdetta, mi disse che Scuotivento era il fratello malvagio del negoziante, che da sempre aveva rinnegato il bene facendo il mercenario e l’assassino di professione.
Scuotivento difatti era un nome che mi diceva qualcosa, in effetti avevo cercato di ingaggiarlo per dei certi lavoretti ma tutte le tracce che portavano a lui risultavano essere sempre delle piste false, facendomi pensare che non esistesse e che fosse solo leggenda.

Dov’è? Glielo chiesi senza urlarlo e il maestro mi disse che ormai si era ritirato a vita privata da moltissimo tempo ma che potevo trovarlo dentro ad una cripta maledetta abitata da esseri non morti e demoniaci molto lontana dalla Capitale.
Pensai un po’ alla cripte maledette, forse intendeva il sepolcro ma quella non aveva le fattezze di una cripta per cui la scartai e pensai che l’unica poteva essere quella della dimora del drago d’argento.
Dissi ai miei amici avventurieri che il tempo di rimettersi in viaggio era giunto, salutai con un inchino il mio maestro il quale mi raccomandò un’ultima volta di stare attento e che il mio avversario era temutissimo e molto potente.
Lo ringraziai dopo di che risalimmo sulla carrozza fino al villaggio vicino alla capitale, da li proseguimmo a piedi, prendemmo un passaggio nascosto tra la vegetazione e ci trovammo vicino alla magica città incantata di Khondarya.
Da li proseguimmo per quattro giorni a piedi verso sud ed infine presso una grande catena montagnosa trovammo l’ingresso alla cripta.
Li ci raggiunsero anche Shalgar, quello che si andava spacciando in giro come sovrano delle tenebre, posto di diritto spettante a mio padre Tibodò, e Edania un pagano che in quanto tale mi era molto simpatico ed amico.Ci preparammo coprendo il mio corpo e quello di Galfo e Maktub di incantesimi, mentre gli altri avrebbero dovuto guarire le nostre ferite.
Provai a guardare dentro la cripta e vidi Scuotivento rivolto verso la parete ad osservare alcuni simboli, così irruppi nella stanza scavalcandolo ed arrivando all’ingresso di un tunnel buio.
Il mio nemico ci vide con la coda dell’occhio e iniziò a chiederci che volevamo e di non prenderlo in giro visto che ci aveva visti benissimo.
Io gli rammentai il mio nome e gli ricordai l’assassinio di mia madre.
Lui per tutta risposta disse che si ricordava benissimo di lei e che fu una delle sue vittime che morì in modo atroce e malvagio.
L’ira ormai mi aveva colto nel intimo, così gli dissi di prepararsi che ormai stava per morire.
Lui beffardo invece di scappare davanti al principe della morte, rincarava la dose con toni di sfottimento e che non sarei mai riuscito ad ucciderlo.
Il duello iniziò irruppi nell’antro e mi gettai addosso a lui caricandolo e gettandolo a terra, poi grazie ad una mia magia che mi rendeva estremamente veloce, avevo la possibilità di infierire su di lui cinque volte prima di dovermi difendere dal suo attacco.
Grazie alla spada che il gentile capo dei briganti mi aveva regalato, devastavo e massacravo quel povero umano, Maktub invece non conoscendo l’arte magica, di affidava ad una spada doppiamente tagliente e con l’arte barbara del berserk, riusciva anche lui a devastare quel insulso essere.

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Clessidra è un gioco di ruolo testuale

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