Custode nello cuore (parte III)

Custode nello cuore (parte III)

Felice ballonzolai fin da Ron, tardi si era infatti fatto e deciso avevo di concedermi uno poco di riposo pria di iniziare le ricerche, la mattina dello indomani giorno. Seduto stavo su uno scomodo sgabello a ripassar le parole con le quali di me avrei parlato a codesta importante Custode, bella impressione volevo fare, e giusta anche, temevo che le parole sbagliate potessero lo fine mio allontanare e, sorseggiando uno bicchiere di mandragola, così lo mio silenzio saltava destro, tra uno pensiero e l’altro. Quando, “Salve Ron, saresti così caro da prepararmi uno bicchiere di te alla menta, caldo molto se così può la tua cortesia” questa voce sentii arrivare da dietro di me e lo suono e la dolcezza già bastaria a rapir lo pensiero mio, nullo Custode, no la monaca Jhana, ne la missione mia, travavan loco nella mia mente che rivolta tutta era a rubar parole a codesta voce. Adagio mi voltai, quasi a voler lentamente gustare lo volto di codesta voce, come uno sipario piano si apre per mostrare poco alla volta lo spettacolo allo goloso spettatore, ma mai sipario si aprì su più ammaliante beltà.

Una donna, poco lontana da me stava, bella tanto che l’arte mia di presunzion si macchia se a descrivirla prova. Tanto caro e dolce era lo viso suo che lo raggio di sole che lo illuminava spento si sarebbe di vergogna se poteva invidiarlo e lo umile fiore che tenea tra li capelli lieto stava, come la rosa che con altra rosa vive. Immobile rimasi e mi parea d’aver uno puntoso elmo dentro la gola mia e forse li sarei rimasto se lo caro Ron, con violenza, non mi avesse strappato codesto elmo: “Certamente, Lady Jhana, arrivo subito al suo tavolo”. Costei era dunque Jhana, io che credea che parlar dovevo con una vecchia e austera monaca ricredermi dovevo e subitamente anche, inghiottii tutti li pensieri miei aiutandomi col poco di mandragola che rimastami era nello bicchiere, mi alzai e timoroso mi avvicinai a lei. Uno grosso inchino feci e creo io che a capo basso sarei stato dinanzi a lei se non mi avesse consigliato di alzarmi dicendomi che brutta gente girava la attorno, le sorrisi e lei di rimando.

“Royner mi chiamano e figlio di Jaskor sono, lo maestro mio Kyatanis e lo mio cuore sono le mie guide e servo loro sono io. Mi chiedevo se dividere con me codesto momento di vostra pace possa arrecarvi disturbo, Lady Jhana, lo destino mi porta sino allo vostro tavolo.”

“Conoscete il mio nome Mastro Ninja, mi onorate ma vi prego sedetevi, tedio, state certo, non darete. Ma ditemi, quali strade lo destino ha disegnato per condurvi fino a me?”

Le raccontai la mia storia, di quando li amici miei dallo fango mostro mi salvarono e di quando mi portarono a cognoscer lo maestro mio, le dissi che creo io che lo elfo che avea dinanzi in debito di gratitudine con i Custodi stava e che letto avea della Sacra Allianza e che tornato era per lo debito suo pagare.

“Caro Royner” mi disse “comprendo le vostre parole, e credetemi, felice mi rende sapere quanto bramiate divenire Custode e quanto la nostra causa servire, ma forse uno errore fece lo fato. Una allianza fu fatta è vero, ma essa non abbisogna di guerrieri per proteggere le mura delli principi che la circondano e i pilastri dei suoi valori sui quali codesta allianza si fonda, e aggiungere devo, in vero, che mai nissuno divenne Custode per soddisfare uno bisogno, ma lo Custode si scopre tale per render giustizia alla cuore suo. Lo cuore tuo devi imparare a conoscere caro Royner e noi altri Custodi da te impareremo a cognoscerlo di rimando. Sappi però che non tutti nello loro cuore trovano lo spirito dello Custode, innato è esso come il coraggio o come la intreprendenzia o che so io…”

“Coraggio tiene lo cuore mio” balbettai, quasi interropendola “di questo sicuro sono!”, “Lo immagino caro Royner, ma per quanto sia codesto uno dono del fato che non tutti li guerrieri possiedono, questo non è bastante o meglio non è quel che tu nello cuore devi cercare, immagina che Custode della Paura si può esser e ad essa lo giusto rispetto si deve dare, come lo si da all’onore o a tutte le nobili virtù che so essere parte di te, se lo sguardo tuo non mi inganna.”

“Lo occhio mio certo non inganna lo vostro profondo sguardo Lady Jhana e creo che forse uno poco comincio a comprendere lo senso delle parole vostre. Perdonatemi se or ora pochi altri pensieri tengo da presentar ma, e me ne dispiacio, di tempo abbisogno per meglio comprender lo discorso vostro”
“Non preoccuparti, so che occasione non mancherà per reicontrarci, vi saluto quindi, arrivederci Royner”

Lady Jhana finì il suo te e andò via, lasciandomi sulle spalle uno castello di nuove verità e nuovi dubbi che la schiena mia non potea sorreggere, andai a scrollarmi di dosso codesto pesante fardello su di uno prato, due sigarette tenevo con me per compagnia farmi e tre formiche anche che pensavan di fare cibo colla loro cenere. Mi addormentai li, alla aria aperta, senza sacco ne tenda, come solito ero fare da giovine. Quella notte dormii a lungo e profondamente, coperto da un manto di stelle tanto chiare e care che parevan messe li a solleticar lo sonno mio.

Mi svegliai poco pria dell’alba, accanto a me stava uno piccolo maialo selvatico che credea che lo zaino mio la sua madre fosse, raccolsi le cose mie senza svegliarlo e tornai in capitale, mi diressi da Ron per mettere uno poco da mangiare sotto li denti e “Mattiniero siete, Messer Royner”, mi voltai perplesso e vidi uno elfo scuro in volto ma sereno nel viso che magiava uno grande pezzo di carne sullo quale spargea della polvere nera che parea pepe “E voi siete uno che si tiene leggero la mattina Sir…? Mi pare di non aver compreso lo nomine”, e lui “Lo nomine dite, postamente non ve lo dissi… ma ditemi vi starete mica scaldando?”, “Dovrei Messere dallo oscuro nomine?”, “Non saprei, non credo… ma chi può dirlo, a volte vedi uno elfo in una taverna che pare uno elfo giuocoso ma lo suo giuco e prendersi giuoco delli altri!”, misi mano alla lancia e “Volete discuterne fuori uno momento? Vi aspetto”, guadagnavo la porta quando “Aspettate Messer Royner, stavo scherzando” mi disse mentre faceva l’occhiolino a Ron “Sono Keel, Custode dell’Angoscia, Lady Jhana mi ha detto di voi, venite sedetevi, qui eravate venuto per mangiare. Ron porta una pezzo di cinghialo anche allo mio amico e metti uno pochino più di quello pomodoro che brucia che la mia carne di pesce sapea”. Mi sedetti preoccupato, non so se per la brutta figura o per la colazione che di li a poco mi sarei mangiato: “Perdonatemi Messer Keel, non sapevo e mi parea che voi eravate uno che… briga va cercando, voi stavate… io non credevo… insomma sapete como si vive, se non si…” “Tutto è tranquillo Messer Royner” mi interrupe “giustificarvi certo non dovete e poi io uno poco briga vi attaccai” sorrise, “ma mangiate ora… si fredderà”.

Restai tutta la mattina con Keel, uno compagno piacevole lui è, e nelli mesi a venire molti consigli mi diede e tanti ancora, anche se, a dire lo vero, forse più indovinelli e barzellette mi raccontò che fatti di guerra e di armi. Certo non potevo capire che nello tempore che passavo con lui la strada per diventare uno custode stavo percorrendo, la strada che tra mille burle lui stesso velatamente andava a mostrarmi e sicuro è che Lady Jhana lo stesso facea, sempre io credea che il fatto volea che ci incontrassimo ma così non era, lei con me stava per capire chi io ero e per aiutare me a capire la medesima cosa anche se io, rare volte, stavo a pensar che uno poco di me invaghita si era, folle sogno dello presuntuoso elfo!

Oggi quelli mesi mi han lasciato e adesso li sospiri è mio compito custodire. Indietro mi volto e vedo la strada che fino a qui mi ha condotto, uno poco sorrido e penso a quante storie lo fato sa inventare e creo che la mia già pria che io nascessi lo fato già scritto avea.

Royner de Gitanias, Custode dei *SOSPIRI*

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